martedì 23 marzo 2010

Il Veneto in Cubature




di Sebastiano Canetta e Ernesto Milanesi, da Il Manifesto del 20 marzo 2010

Una buona sintesi di ciò che si sta tessendo attorno a Venezia e alla sua Laguna, nel quadro di un’alleanza strutturale (basata su solide strutture cementizie) tra destra e centrosinistra.
É il puzzle che nessuno ha ancora ricomposto. Tessere singolarmente abbozzate, progetti disegnati, delibere-quadro dal punto di vista amministrativo. Eppure la Venezia del futuro dietro l'angolo galleggia sulle scelte urbanistiche di quadranti essenziali quanto ancora da plasmare con un'identità definita.
Waterfront rimane il profilo di una città unica al mondo, ma fra la terraferma di Mestre e la spiaggia del Lido si applica sempre l'orizzonte che riconduce al sistema immobiliare. In gioco, la metamorfosi della Serenissima nello specchio che dalla laguna riflette la «porta» del Veneto metropolitano che si allunga fino a Treviso e Padova. Così servono nuovi simboli, suggestioni economiche, idee che camminino di pari passo con gli affari.
Il faraonico Mose viaggia in automatico con i cantieri e la manutenzione delle paratie mobili anti-acqua alta che erano stati immaginati all'epoca del doge Gianni De Michelis. Adesso servono le Olimpiadi 2020 a giustificare lo «sviluppo»: nessuno vuole ricordare le analogie con l'Expo 2000 della Prima Repubblica. E urge salvare il Festival del cinema accerchiato da Roma e Torino. Poi bisogna recuperare Marghera avvelenata dalla chimica di Stato. Senza dimenticare di «ristrutturare» Mestre dopo il maxi-trasloco dell'ospedale Umberto I nel modernissimo complesso dell'Angelo che si affaccia su via don Giussani.
A Venezia la chiave di volta dell'arco urbanistico si chiama Quadrante Tessera. Sono circa 100 ettari di campagna intorno l'aeroporto Marco Polo. Diventerà una new-town con 1, 8 milioni di metri cubi di edifici sotto forma di casinò stadio (817 mila metri quadri), alberghi, centri commerciali e direzionali (altri 100 mila). Un mega-progetto benedetto in egual misura da Partito democratico e PdL, con qualche eccezione. Politicamente, Tessera city rappresenta il passaggio di testimone del sindaco Massimo Cacciari. Il frutto del «patto d'acciaio» stipulato nel 2008 con il governatore Giancarlo Galan e il presidente della Spa aeroportuale (Save) Enrico Marchi.
Per tracciare il futuro di Tessera a Ca' Farsetti è bastato «resuscitare» una variante del Prg approvata nel 2004 dalla giunta Costa, con la presentazione di una semplice osservazione urbanistica. «Percorso legittimo che permette di costruire il nuovo stadio a costo zero», ha spiegato pubblicamente Cacciari. Una mossa che costa quattro volte la cubatura prevista per il nuovo stadio e la cessione della pianificazione urbana ai manager della Save e agli immobiliaristi dei casinò, secondo gli oppositori.
Ma è la piattaforma ideale per ospitare i Giochi 2020, insistono in municipio: «Se vinceremo le Olimpiadi, potremo aggiungere il villaggio per gli atleti, le piscine e il palasport» puntualizza il sindaco.
Di sicuro, puntare su Tessera significa abbandonare Marghera al suo destino tossico. «Solo un matto può pensare di portare grande pubblico e impianti sportivi in una zona dove le aree sono ancora inquinate», taglia corto Cacciari. E così il territorio più martoriato d'Europa (5 milioni di tonnellate di rifiuti speciali più altre 12 di fanghi «rossi») perde l'ultima occasione di riconvertirsi.
A sentire il ministro Renato Brunetta bonifica e riqualificazione di Marghera costano 3 miliardi di euro. Il finanziamento? Per l'80% dai privati che acquisterebbero i terreni, si legge nel programma elettorale Grande Venezia. Per Brunetta la gronda lagunare sud deve diventare il polo fieristico della città con il parco dell'idrogeno e i capannoni dei cantieri nautici veneziani.
Peccato che solo per la muraglia di sicurezza che dovrebbe isolare le aree inquinate bisognerà sborsare 800 milioni di euro (500 a carico delle imprese «assolte» nel maxi-processo al Petrolchimiko). E che le risorse messe a disposizione dallo Stato arrivino a malapena a 100 milioni di euro.
Meglio spostare il binocolo verso le spiagge del Lido. Qui le tarsìe da incastrare sono tre in appena 12 chilometri. Su tutte spicca il nuovo Palacinema: «Edificio degno di Hollywood», secondo Cacciari. Tecnicamente il cantiere procede senza intoppi, ma sulla scrivania di Vittorio Borraccetti, procuratore capo di Venezia, da inizio marzo giace il dettagliato esposto firmato dal cartello di associazioni ambientaliste del Lido.
«Hanno già distrutto la pineta e una parte di parco vincolato» accusano gli attivisti di Pax in aqua, Italia nostra, Associazione per la difesa dei murazzi, Ecoistituto del Veneto e Venezia civiltà anfibia. Denunciano una procedura che scavalca il dibattito nelle sedi istituzionali e «salta» l'autorizzazione della Commissione di salvaguardia.
Puntano il dito anche contro la vendita dell'ex Ospedale al Mare ai privati. E contestano la gestione dell'operazione da parte di Vincenzo Spaziante, commissario unico per il Palacinema: «Il Comune ha acquistato il policlinico di San Nicolò con i soldi della legge speciale per Venezia (4,8 milioni di euro, pubblici,ndr). Adesso si profila l'alienazione per scopi diversi da quelli sanitari. Spaziante decide anche di sanità quando invece il suo ruolo dovrebbe limitarsi al Palazzo del cinema» evidenziano gli ambientalisti.
Come se non bastasse, il commissario è stato sfiorato dal ciclone di Appaltopoli: nessuna indagine in corso, garantiscono le Procure di Firenze e Venezia. Emerge, tuttavia, la nomina di Mauro Della Giovanpaola (accusato di aver pilotato i bandi per il G8 alla Maddalena) nel Comitato tecnico di valutazione dei progetti esecutivi al Lido. Investitura caldeggiata proprio da Spaziante. Ma in laguna spiaggia anche l'eco delle prestazioni sessuali che sarebbero state consumate negli alberghi veneziani da Angelo Balducci e Fabio De Santis (collaudatore del Mose), altri due pezzi da novanta della «cricca» del sottosegretario Bertolaso.
Eppure l'ombra del Palacinema nasconde una partita urbanistica altrettanto fondamentale: quella degli immobiliaristi padovani di Est Capital Sgr che hanno comprato in blocco gli storici alberghi di lusso Excelsior e Des Bains ceduti da Starwood hotels nel 2008. Sulla carta, un business da 150 milioni di euro che fa perno sul restauro di 400 stanze a cinque stelle. Il risultato sarà un resort di lusso «spalmato» sui 72 mila metri quadri del litorale più prestigioso del mondo.
Qualche chilometro più in là tra Malamocco e gli Alberoni, svetta il profilo «sovietico» dell'altra tessera del puzzle: il monolitico ospedale San Camillo, polo della neuroriabilitazione veneziana, messo in quarantena dopo i tre casi di legionella registrati l'autunno scorso subito dopo l'inaugurazione post-restauro. Per la riapertura, si attende il parere definitivo della Regione; ma sulla vicenda pesano inevitabilmente i 15 milioni di euro spesi dai Padri camilliani per acquistare la vicina casa di cura Stella Maris che dovrebbe garantire 125 nuovi pazienti.
Decisamente più facile «lavorare» sulla terraferma. A Mestre, il mosaico urbanistico fa i conti con i 55 mila metri quadri liberati dal trasloco dell'ospedale Umberto I. Il 1 febbraio il consiglio comunale ha dato luce verde (28 favorevoli, 5 astenuti) alla cessione dell'area. Aprendo le porte a un'operazione immobiliare che vale 200 milioni di euro. L'ennesimo esempio di urbanistica contrattata: permetterà l'edificazione di tre torri alte 100 metri in cambio di tre padiglioni (8.500 metri quadri) ad uso pubblico.
Si gioca tutto sull'acqua, invece, il futuro del primo porto dell'Adriatico. Insieme all'espansione di Porto Corsini (Ravenna) si stilano le linee guida del nuovo polo logistico di Mira. Project financing per raddoppiare la capacità di movimentazione dei container: «Solo per gli scavi spenderemo 170 milioni di euro per portare i canali a quota meno 14 metri» spiega Paolo Costa, presidente dell'autorità portuale di Venezia. Alla fine di febbraio l'ex sindaco ha presentato al ministro Altero Matteoli la lista degli obiettivi anti-crisi. Riconversione ad usi portuali delle aree Syndial ed ex-Montefibre (94 ettari «riqualificati» in Terminal container e District park) e costruzione di un Hub per le autostrade del mare nell'area ex-Alumix entro il 2011.

Etichette:

mercoledì 10 marzo 2010

Il Veneto che vogliamo. Lettera ai candidati alle elezioni regionali


Il documento predisposto dalla “Rete dei comitati e delle associazioni del Veneto a difesa dell’ambiente, del territorio e della salute”, emanato il 1° marzo 2010

La nostra Rete raccoglie un numero crescente di gruppi, associazioni, comitati impegnati nella difesa del territorio e dell’ambiente di tutto il Veneto. La mobilitazione che abbiamo suscitato contro le scelte devastanti del PTRC del Veneto ha testimoniato la diffusa volontà di criticare per cambiare, per costruire un Veneto diverso. Sappiamo che grandi saranno le responsabilità di quanti saranno eletti, e seguiremo con attenzione non tanto le loro promesse pre-elettorali, quanto le scelte che faranno nel governare. Delle loro scelte chiederemo loro conto, giorno per giorno.
Riassumiamo di seguito le scelte principali sulle quali verificheremo le loro azioni: ciò che critichiamo e non vogliamo, e ciò che vogliamo e chiediamo.

1. RISPETTO DEI LIMITI EUROPEI PER SMOG E POLVERI INALABILI
Mai la salute delle persone è stata posta al primo punto delle scelte della Regione. É di questo invece che bisogna in primo luogo preoccuparsi e operare, soprattutto nelle aree urbane, a partire da bambini e anziani.
Chiediamo che venga urgentemente predisposto ed approvato un vero Piano Regionale di Tutela e Risanamento dell’Atmosfera (così come richiesto dalle direttive europee) abbattendo le emissioni di PM10 e PM 2,5. Fino all’approvazione del PRTRA che preveda misure certe ed efficaci per il rientro nei limiti di legge chiediamo una moratoria preventiva delle autorizzazioni di qualsiasi nuovo impianto termo-industriale, energetico e di combustione di rifiuti, nonché di qualsiasi infrastruttura autostradale che comporti un aumento del traffico veicolare su strada

2. MESSA IN SICUREZZA DEL TERRITORIO. Difesa del suolo e delle acque, dalla montagna alla costa
Incuria, degrado, abbandono della manutenzione, edificazione indiscriminata, realizzazione di strade e dighe che impediscono il deflusso delle acque e tagliano i versanti: la scelta di privilegiare in ogni settore le trasformazioni del territorio ha già provocato danni ingenti, minacciato la sicurezza dei patrimoni pubblici e privati e della stessa vita delle persone.
Esistono le leggi e strumenti (piani di bacino) che consentono di operare con saggezza e lungimiranza per difendere il suolo, con divieti e con interventi attivi. Occorre adoperarli, nelle montagne come nelle pianure, nelle colline come nelle aree costiere, nella gestione delle acque come in quella delle aree boschive. L’integrità fisica del suolo è una componente essenziale della sicurezza delle popolazioni.

3. ENERGIA: RISPARMIO SI, SOLE SI, ATOMO NO. Un Piano Energetico commisurato alla domanda reale
Le politiche regionali hanno sistematicamente trascurato quello che dovrebbe essere il punto di partenza di una seria politica dell’energia: ridurre gli enormi sprechi, ridurre la domanda di energia. Lasciando immutati gli sprechi, e anzi incentivandoli con le politiche infrastrutturali, hanno artificialmente provocato un aumento della domanda rispondendo con la promozione di nuove centrali, socialmente inutili, dannose alla salute, rischiose alla vita delle persone e devastanti dell’ambiente naturale e storico.
Chiediamo che in primo luogo si riduca la domanda di energia puntando sull’efficienza nei principali settori (trasporti, impianti e processi industriali, edifici) e sui bilanci energetici anche attraverso un nuovo Piano Energetico Regionale improntato ai criteri delle “Transition Town” (cioè cominciando già a programmare la fuoriuscita dal petrolio) e rinnovando e calibrando gli incentivi economici e fiscali e adeguando i regolamenti edilizi al risparmio energetico degli edifici (coibentazione e nuove tecnologie costruttive, rinnovo degli impianti, ecc.). Per uscire dallo spreco di petrolio/carbone/metano serve molta più energia da fonti rinnovabili (solare termico e foto-voltaico, mini-impianti geotermici, eolici e idroelettrici su piccoli salti); gli incentivi agli impianti fotovoltaici devono privilegiare l’installazione sui capannoni scoraggiando l’occupazione di terreni agricoli. Occorre rivedere gli incentivi per gli impianti da fonti rinnovabili, escludendo quelli che utilizzano prodotti vegetali da filiera lunga. Occorre rifiutare il buco nero delle centrali nucleari, costosissime, insicure e produttrici di scorie radioattive impossibili da smaltire, che implicano la militarizzazione del territorio .

4.ACQUA BENE COMUNE. Basta con sprechi e privatizzazioni
Il bilancio idrico del Veneto è drammaticamente deficitario a causa di utilizzi speculativi ed irrazionali e concessioni di derivazione e di prelievi sovradimensionate che hanno comportato la compromissione di importanti ecosistemi, la perdita di biodiversità e di paesaggi, l’incremento del rischio idrogeologico e l’avanzamento del cuneo salino. A questo si aggiunge il devastante tentativo di privatizzare l’acqua.
L’acqua è l’elemento “primordiale” del Veneto, va gestita in modo solidale e sostenibile attraverso processi partecipativi e contratti di fiume condivisi. Il Piano di Gestione del Distretto delle Alpi Orientali deve incentivare e prevedere in modo cogente la riduzione e la qualificazione degli utilizzi idrici, la rinaturazione dei fiumi, la valutazione di incidenza cumulativa degli impianti idroelettrici e la gestione del servizio idrico integrato da parte di soggetti di esclusivo diritto pubblico in quanto servizio di interesse generale. La Regione deve impegnarsi a riconoscere nel proprio statuto lo status di bene comune all’acqua e a sostenere le iniziative di ricorsi e referendum per l’abrogazione delle recenti norme legislative che prevedono la sostanziale privatizzazione del servizio idrico integrato.

5. STOP AL CONSUMO DI SUOLO; RISOLVERE INVECE IL PROBLEMA DELLA CASA
Si è continuato ad edificare ovunque senza con ciò risolvere il problema della casa per chi non ha le risorse sufficienti per ricorrere al mercato privato. Non servono nuove “villettopoli”, né iniziative come Veneto City o Marco Polo City o Motor City, utili solo ad arricchire un pugno di finanzieri e di grandi proprietari immobiliari e ad aumentare la congestione e il consumo di suolo. Non serve favorire con il c.d. “Piano Casa” gli ampliamenti incontrollati e generalizzati al di fuori degli strumenti urbanistici, degli edifici esistenti e i cambi d’uso, utili solo ad arricchire i proprietari aumentando l’invivibilità e la bruttezza delle città esistenti. Non serve svendere il patrimonio abitativo pubblico, che deve essere invece gestito con la massima convenienza sociale. Non serve realizzare nuovi centri commerciali, che anzi, allontanando il commercio dalle città, e contribuiscono a degradarle.
É invece necessario un “progetto strategico” per l’edilizia sociale, finanziando la costruzione di almeno 20.000 appartamenti in 5 anni a canone ed a prezzi calmierati, nei comuni che dove si manifesta maggiore disagio abitativo. É necessario recuperare il patrimonio edilizio sia pubblico che privato, e rivendicare l’uso socialmente utile dei patrimoni demaniali dismessi. E’ necessario incentivare il commercio nei centri storici anche attraverso interventi strutturali (parcheggi scambiatori, mezzi pubblici, piani di riqualificazione ed arredo urbano, ecc.).

6. MOBILITA’ SOSTENIBILE
Le iniziative e i programmi della Regione hanno esaltato e promosso in tutti i modi la motorizzazione individuale su gomma delle persone e delle merci, aumentando in tal modo l’inquinamento, lo spreco di energia, il consumo di suolo, la penalizzazione dell’agricoltura, la distruzione della natura. Bisogna dire basta alla proliferazione di strade, autostrade, tangenziali, camionabili, tanto più se realizzate con la tecnica del “project financing”, cioè di fatto privatizzate e quindi pagate dal contribuente. E bisogna dire basta alle infrastrutture particolarmente negative per l’ambiente naturale e storico, come l’Alta velocità e la metropolitana sub lagunare a Venezia.
Per rispondere in modo intelligente e moderno alla domanda di mobilità serve incrementare il trasporto delle persone (di breve e media percorrenza, regionale ed interregionale) su ferrovia, ristrutturando e connettendo le linee locali e le principali città. Serve un Piano della Mobilità e dei Trasporti, basato sulla priorità del trasporto delle merci su ferro e via mare e sul trasporto pubblico delle persone. Serve completare subito la ferroviaria Ferrovia metropolitana regionale ed estenderla fino a Chioggia, in alternativa alla nuova Romea. Nelle aree urbane è necessario ampliare le zone verdi, liberare le piazze, istituire zone pedonali sicure e percorsi ciclabili e pedonali protetti in ogni punto del loro percorso.

7. I RIFIUTI ZERO. Diminuzione della produzione di rifiuti, riciclaggio totale e stop agli inceneritori
Il Veneto è la regione d’Italia col massimo riciclo dei rifiuti: il 53%; bisogna fare ancora molto meglio, riducendo di un 10-15% i rifiuti (meno imballaggi, prodotti alla spina, compostaggio domestico, pannolini lavabili, ecc) e riciclando il rimanente 90%, come stanno facendo già alcuni comuni. Così, col riciclo totale, si arriva a “rifiuti zero” e non servono altri inceneritori, né buttare un mare di soldi per rifare l’inceneritore-bidone di Verona.
Anche per i rifiuti industriali va scelto l'indirizzo della "chiusura dei cicli" produttivi, in modo che non si generino nè inquinamenti, nè scarti di produzione. Le merci vanno progettate in modo che alla fine del loro ciclo di vita sia possibile un riciclo o un riuso totale dei materiali impiegati. La pratica pericolosissima e costosissima dell'incenerimento va abbandonata.

8. SALVCAGUARDIA DEL PATRIMONIO STORICO, AMBIENTALE, CULTURALE E PESAGGISTICO. Nuovi parchi, aree protette e reti ecologiche
Si sta distruggendo l’inestimabile patrimonio naturale e artistico: città monumentali e murate, ville palladiane, centuriazioni romane. Il paesaggio è ricco e variegato: dalle coste alle montagne. Nonostante le dichiarazioni, si continua a lasciarlo cadere a pezzi o soffocarlo con una cementificazione a macchia d’olio e con un delirio di autostrade, passanti e tangenziali, favorendo la creazione di nuove basi militari, come a Vicenza, il moltiplicarsi di zone industriali (con capannoni sempre più vuoti) e di centri commerciali che, poco a poco, ci rendono estranei alla nostra terra e ci invadono di “non luoghi”, uccidendo lo spirito e le radici della nostra civiltà.
Il nuovo Piano Regionale Territoriale di Coordinamento proposto dalla Giunta Galan va ritirato e reso coerente con gli studi conoscitivi e propedeutici che ben segnalano le profonde criticità del territorio e dell’ambiente veneto. La stessa legge regionale n.11/2004 va ampiamente modificata ed integrata, eliminando la possibilità per i Comuni di “far cassa” svendendo il territorio, ma facendo in modo che gli strumenti urbanistici siano ispirati al criterio di “consumo zero di territorio”, privilegiando la riconversione delle aree industriali dismesse e il recupero del patrimonio edilizio esistente. Allo stesso modo va protetto il grande patrimonio naturale ancora esistente allargando la rete dei parchi (a cominciare da quelli della Laguna di Venezia e del Garda, richiesti da leggi di iniziativa popolare, e a quello del Delta del Po minacciato da centrali elettriche, impianti e gigantesche piattaforme e zone portuali-industriali), e bloccando l'espansione delle cave. Ai nuovi “eco-mostri” che ci vogliono imporre, contrapponiamo il riuso delle moltissime aree ora inutilizzate o sotto-utilizzate: da gran parte di Porto Marghera (la cui bonifica è comunque prioritaria) alle enormi ex caserme di Verona, alla riconversione di moltissime aree industriali ed edifici dismessi, alla riqualificazione delle periferie. Servono norme urbanistiche che controllino rigorosamente i cambi d’uso, contrastando la trasformazione di residenze stabili in affittacamere, evitando di trasformare la città antica in un dormitorio diffuso per turisti e per studenti da sfruttare; occorrono norme che anzi favoriscano la residenza stabile e la residenza studentesca organizzata.

9. RILANCIO DELL’AGRICOLTURA DI QUALITÀ E NO OGM
L’attuale modello agricolo e zootecnico (monoculture ed allevamenti intensivi) è insostenibile per gli impatti che genera sull’ambiente (consumi di acqua, dispersione di fitofarmaci e fertilizzanti), sulle condizioni di lavoro (lavoro schiavo immigrato), sul benessere degli animali. La Regione (Giunta, Veneto Agricoltura, Consorzi di bonifica) nulla ha fatto per valorizzare le funzioni ambientali e sociali (non riconosciute dal mercato) dell’agricoltura che solo aziende contadine a conduzione diretta possono garantire: produzione di alimenti di qualità, difesa della fertilità dei suoli, tutela delle acque, presidio del paesaggio, mantenimento della biodiversità, cattura del carbonio tramite pratiche rispettose dei cicli naturali.
Nuove politiche agricole e strumenti operativi (ricerca, banca genetica, recupero delle varietà e delle razze, ecc.) devono essere improntati nella direzione di avvicinare contadini a consumatori. Va premiata la conversione dei terreni alle utilizzazioni biologiche e va e va incentivata la distribuzione dei prodotti locali sie nella vendita che nella ristorazione. Va attuata finalmente la direttiva sui nitrati nelle acque e quella sul benessere animale e vanno vietati gli Organismi geneticamente modificati.

10. DIFENDERE E RAFFORZARE LA DEMOCRAZIA: Una democrazia informata e deliberativa, aperta, basata sull’equità
Senza difendere e rafforzare la democrazia non è possibile difendere il territorio e renderlo migliore per tutti i suoi abitanti. Le innovazioni “modernizzatrici” introdotte negli ultimi anni hanno ridotto lo spazio della partecipazione e della democrazia. Lo spostamento dei poteri dagli organi collegiali (parlamenti, consigli) agli organi monocratici (sindaci, “governatori”, presidenti) e poi addirittura a “commissari” esterni dotati del potere di scavalcare le leggi, hanno fortemente diminuito il tasso di democrazia e di trasparenza , favorendo la ricomparsa di gravi e diffusi fenomeni di corruzione e di clientelismo. L’ostilità verso il “diverso” ha accresciuto la segregazione di parti importanti della popolazione e dei lavoratori, ridotto la solidarietà, peggiorato la convivenza.
Vogliamo un federalismo solidale, non centralizzato sulla Regione ma basato sulla democrazia partecipata a livello di municipi. Vogliamo la piena cittadinanza di tutti, compresi gli immigrati, e la garanzia a tutti dei diritti di informazione attiva e passiva e di voto amministrativo. Vogliamo un welfare municipale, essenziale per una piena equità, che garantisca casa, reddito , servizi a tutti, compresi immigrati e giovani. Vogliamo politiche che trasformino l’inoccupazione e il lavoro precario in attività - stabili e tutelate- di pubblica utilità, e promuovano concreta solidarietà tra generazioni.Chiediamo che i cittadini siano responsabili delle scelte facendo valere la propria volontà anche con referendum regionali e consultazioni locali sulle principali scelte da fare (cominciando dalla scelta del nucleare). É necessario dare voce alla cittadinanza attiva, fornendole, anche con idonei provvedimenti legislativi, gli strumenti, gli spazi e i tempi necessari perché possa esprimersi e contare sulle scelte, E per cominciare, è indispensabile rendere effettivo il diritto all’informazione completa, puntuale, trasparente sulle scelte e sull’intero processo della loro formazione. Trasparenza e coerenza sono i requisiti essenziali di un’azione democratica che voglia raggiungere, nel territorio del Veneto, gli obiettivi che ci proponiamo. Per raggiungerli è indispensabile ripristinare il sistema delle regole della pianificazione urbanistica, territoriale, paesaggistica ed accrescerne il tasso di democraticità: una pianificazione che abbia alla sua base la tutela dei valori ambientali, paesaggistici, culturali, sociali di tutti gli abitanti di oggi e di domani, della loro salute e dei loro diritti.
Il documento, approvato dall'Assemblea della Rete nella riunione del 27 febbraio 2010, è stato integrato e corretto sulla base degli emendamenti proposti nella discussione ed emanato il 1° marzo . Sarà illustrato in una conferenza stampa il 6 marzo, alle ore 11, presso l'auditorium Monteverdi di Marghera.

Etichette: