martedì 23 marzo 2010

Il Veneto in Cubature




di Sebastiano Canetta e Ernesto Milanesi, da Il Manifesto del 20 marzo 2010

Una buona sintesi di ciò che si sta tessendo attorno a Venezia e alla sua Laguna, nel quadro di un’alleanza strutturale (basata su solide strutture cementizie) tra destra e centrosinistra.
É il puzzle che nessuno ha ancora ricomposto. Tessere singolarmente abbozzate, progetti disegnati, delibere-quadro dal punto di vista amministrativo. Eppure la Venezia del futuro dietro l'angolo galleggia sulle scelte urbanistiche di quadranti essenziali quanto ancora da plasmare con un'identità definita.
Waterfront rimane il profilo di una città unica al mondo, ma fra la terraferma di Mestre e la spiaggia del Lido si applica sempre l'orizzonte che riconduce al sistema immobiliare. In gioco, la metamorfosi della Serenissima nello specchio che dalla laguna riflette la «porta» del Veneto metropolitano che si allunga fino a Treviso e Padova. Così servono nuovi simboli, suggestioni economiche, idee che camminino di pari passo con gli affari.
Il faraonico Mose viaggia in automatico con i cantieri e la manutenzione delle paratie mobili anti-acqua alta che erano stati immaginati all'epoca del doge Gianni De Michelis. Adesso servono le Olimpiadi 2020 a giustificare lo «sviluppo»: nessuno vuole ricordare le analogie con l'Expo 2000 della Prima Repubblica. E urge salvare il Festival del cinema accerchiato da Roma e Torino. Poi bisogna recuperare Marghera avvelenata dalla chimica di Stato. Senza dimenticare di «ristrutturare» Mestre dopo il maxi-trasloco dell'ospedale Umberto I nel modernissimo complesso dell'Angelo che si affaccia su via don Giussani.
A Venezia la chiave di volta dell'arco urbanistico si chiama Quadrante Tessera. Sono circa 100 ettari di campagna intorno l'aeroporto Marco Polo. Diventerà una new-town con 1, 8 milioni di metri cubi di edifici sotto forma di casinò stadio (817 mila metri quadri), alberghi, centri commerciali e direzionali (altri 100 mila). Un mega-progetto benedetto in egual misura da Partito democratico e PdL, con qualche eccezione. Politicamente, Tessera city rappresenta il passaggio di testimone del sindaco Massimo Cacciari. Il frutto del «patto d'acciaio» stipulato nel 2008 con il governatore Giancarlo Galan e il presidente della Spa aeroportuale (Save) Enrico Marchi.
Per tracciare il futuro di Tessera a Ca' Farsetti è bastato «resuscitare» una variante del Prg approvata nel 2004 dalla giunta Costa, con la presentazione di una semplice osservazione urbanistica. «Percorso legittimo che permette di costruire il nuovo stadio a costo zero», ha spiegato pubblicamente Cacciari. Una mossa che costa quattro volte la cubatura prevista per il nuovo stadio e la cessione della pianificazione urbana ai manager della Save e agli immobiliaristi dei casinò, secondo gli oppositori.
Ma è la piattaforma ideale per ospitare i Giochi 2020, insistono in municipio: «Se vinceremo le Olimpiadi, potremo aggiungere il villaggio per gli atleti, le piscine e il palasport» puntualizza il sindaco.
Di sicuro, puntare su Tessera significa abbandonare Marghera al suo destino tossico. «Solo un matto può pensare di portare grande pubblico e impianti sportivi in una zona dove le aree sono ancora inquinate», taglia corto Cacciari. E così il territorio più martoriato d'Europa (5 milioni di tonnellate di rifiuti speciali più altre 12 di fanghi «rossi») perde l'ultima occasione di riconvertirsi.
A sentire il ministro Renato Brunetta bonifica e riqualificazione di Marghera costano 3 miliardi di euro. Il finanziamento? Per l'80% dai privati che acquisterebbero i terreni, si legge nel programma elettorale Grande Venezia. Per Brunetta la gronda lagunare sud deve diventare il polo fieristico della città con il parco dell'idrogeno e i capannoni dei cantieri nautici veneziani.
Peccato che solo per la muraglia di sicurezza che dovrebbe isolare le aree inquinate bisognerà sborsare 800 milioni di euro (500 a carico delle imprese «assolte» nel maxi-processo al Petrolchimiko). E che le risorse messe a disposizione dallo Stato arrivino a malapena a 100 milioni di euro.
Meglio spostare il binocolo verso le spiagge del Lido. Qui le tarsìe da incastrare sono tre in appena 12 chilometri. Su tutte spicca il nuovo Palacinema: «Edificio degno di Hollywood», secondo Cacciari. Tecnicamente il cantiere procede senza intoppi, ma sulla scrivania di Vittorio Borraccetti, procuratore capo di Venezia, da inizio marzo giace il dettagliato esposto firmato dal cartello di associazioni ambientaliste del Lido.
«Hanno già distrutto la pineta e una parte di parco vincolato» accusano gli attivisti di Pax in aqua, Italia nostra, Associazione per la difesa dei murazzi, Ecoistituto del Veneto e Venezia civiltà anfibia. Denunciano una procedura che scavalca il dibattito nelle sedi istituzionali e «salta» l'autorizzazione della Commissione di salvaguardia.
Puntano il dito anche contro la vendita dell'ex Ospedale al Mare ai privati. E contestano la gestione dell'operazione da parte di Vincenzo Spaziante, commissario unico per il Palacinema: «Il Comune ha acquistato il policlinico di San Nicolò con i soldi della legge speciale per Venezia (4,8 milioni di euro, pubblici,ndr). Adesso si profila l'alienazione per scopi diversi da quelli sanitari. Spaziante decide anche di sanità quando invece il suo ruolo dovrebbe limitarsi al Palazzo del cinema» evidenziano gli ambientalisti.
Come se non bastasse, il commissario è stato sfiorato dal ciclone di Appaltopoli: nessuna indagine in corso, garantiscono le Procure di Firenze e Venezia. Emerge, tuttavia, la nomina di Mauro Della Giovanpaola (accusato di aver pilotato i bandi per il G8 alla Maddalena) nel Comitato tecnico di valutazione dei progetti esecutivi al Lido. Investitura caldeggiata proprio da Spaziante. Ma in laguna spiaggia anche l'eco delle prestazioni sessuali che sarebbero state consumate negli alberghi veneziani da Angelo Balducci e Fabio De Santis (collaudatore del Mose), altri due pezzi da novanta della «cricca» del sottosegretario Bertolaso.
Eppure l'ombra del Palacinema nasconde una partita urbanistica altrettanto fondamentale: quella degli immobiliaristi padovani di Est Capital Sgr che hanno comprato in blocco gli storici alberghi di lusso Excelsior e Des Bains ceduti da Starwood hotels nel 2008. Sulla carta, un business da 150 milioni di euro che fa perno sul restauro di 400 stanze a cinque stelle. Il risultato sarà un resort di lusso «spalmato» sui 72 mila metri quadri del litorale più prestigioso del mondo.
Qualche chilometro più in là tra Malamocco e gli Alberoni, svetta il profilo «sovietico» dell'altra tessera del puzzle: il monolitico ospedale San Camillo, polo della neuroriabilitazione veneziana, messo in quarantena dopo i tre casi di legionella registrati l'autunno scorso subito dopo l'inaugurazione post-restauro. Per la riapertura, si attende il parere definitivo della Regione; ma sulla vicenda pesano inevitabilmente i 15 milioni di euro spesi dai Padri camilliani per acquistare la vicina casa di cura Stella Maris che dovrebbe garantire 125 nuovi pazienti.
Decisamente più facile «lavorare» sulla terraferma. A Mestre, il mosaico urbanistico fa i conti con i 55 mila metri quadri liberati dal trasloco dell'ospedale Umberto I. Il 1 febbraio il consiglio comunale ha dato luce verde (28 favorevoli, 5 astenuti) alla cessione dell'area. Aprendo le porte a un'operazione immobiliare che vale 200 milioni di euro. L'ennesimo esempio di urbanistica contrattata: permetterà l'edificazione di tre torri alte 100 metri in cambio di tre padiglioni (8.500 metri quadri) ad uso pubblico.
Si gioca tutto sull'acqua, invece, il futuro del primo porto dell'Adriatico. Insieme all'espansione di Porto Corsini (Ravenna) si stilano le linee guida del nuovo polo logistico di Mira. Project financing per raddoppiare la capacità di movimentazione dei container: «Solo per gli scavi spenderemo 170 milioni di euro per portare i canali a quota meno 14 metri» spiega Paolo Costa, presidente dell'autorità portuale di Venezia. Alla fine di febbraio l'ex sindaco ha presentato al ministro Altero Matteoli la lista degli obiettivi anti-crisi. Riconversione ad usi portuali delle aree Syndial ed ex-Montefibre (94 ettari «riqualificati» in Terminal container e District park) e costruzione di un Hub per le autostrade del mare nell'area ex-Alumix entro il 2011.

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